
Montagnana, un viaggio tra storia e gusto
BLOG TOUR DI MONTAGNANA… ARRIVIAMOOOOO
Sono le 7.30 del mattino ed io sono seduta sul divano, la gamba tamburellante, e aspetto Sara di Ortaggichepassione e Cristina di Veneto360. Destinazione blog tour di Montagnana.
Dopo quello sul radicchio tardivo di Treviso IGP, questo è il mio secondo blog tour ed io non vedo l’ora di partecipare.
L’occhio è ancora assonnato, ma ho le orecchie tese in attesa di sentire la macchina arrivare, ed eccola finalmente. Si parte.
Non ci vediamo da una decina di giorni e, da brave donne, gli argomenti da affrontare sono molti. Silenzio questo sconosciuto!
IL NAVIGATORE TRADITORE
Proprio nel mezzo delle nostre “ciacole”, il navigatore ci fa uscire a Padova Est. Non è l’uscita giusta. TERRORE. L’appuntamento con gli altri è alle 9,15 ed ora sono le 8,30 e il malefico navigatore ci indica un nuovo orario di arrivo: 9.40. Sei occhi si incrociano sbarrati: 9,40 è troppo tardi!. Cominciamo a girare per i “fantastici” sensi unici di Padova e finalmente riusciamo a rientrare in autostrada. I 6 occhi sono tutti puntati sul navigatore: nuovo orario d’arrivo 9.10. Ce la possiamo fare: riprendiamo a respirare e gli occhi tornano a dimensioni normali.
Ed eccoci, puntuali, arrivare alle mura di Montagnana. Se non fossimo state in una Lancia Y, credo che il mezzo di trasporto ideale sarebbe stato un bel cavallo bianco (che fa molto principesse). La Lancia comunque è bianca e almeno il colore lo abbiamo!

ALLA SCOPERTA DI MONTAGNANA
Le mura sono praticamente perfette. Scopriremo poi che questi 1950 mt di pietra (pochini vero?), sono tra le cinte medioevali meglio conservate d’Europa, e quelle che vediamo sono proprio le mura originarie.
I miei occhioni di bambina si fanno grandi grandi per lo stupore.
Entriamo in città, parcheggiamo e raggiungiamo gli altri. La mia eccitazione aumenta e, con la mia solita timidezza, inizio a conoscere i vari blogger: la maggior parte sono travel blogger poi ci sono 4 o 5 food blogger.
Iniziamo il giro e ad accompagnarci c’è una gentilissima guida di Murabilia, associazione culturale di Montagnana che organizza visite guidate ed eventi.
IL MASTIO
Ci spiega che Castel San Zeno è la parte più antica del borgo. E’ composto da un corpo centrale di forma rettangolare (dove si trova il Museo Civico di Montagnana), un giardino al riparo di due torri e il Mastio, la grande torre (38 metri di altezza) risalente al 1242, fatta costruire da Ezzelino III da Romano.

Il mastio originariamente era più basso rispetto a come lo vediamo oggi, poi tra il 300 ed il 400 è stato alzato per poter vedere meglio i dintorni.

Montagnana era infatti in una posizione strategica, crocevia di molte strade, vicina a Venezia, Padova, Vicenza e Verona e quindi molto appetibile. Ti basti pensare che tra il 1517 ed il 1530 ha cambiato dominante ben 12 volte.

In effetti dalla cima della torre lo sguardo, dopo aver superato i tetti della città, vaga per chilometri e chilometri a 360°.

La muratura, in origine di mattoni e poi di trachite euganea, è completata da 24 torri; il castello è un rettangolo difeso dal mastio e da torri angolari. Sul prato attorno alle mura c’era un fossato: l’acqua infatti era importante per difendere la città.

LA ROCCA DEGLI ALBERI
La costruzione della cinta muraria ebbe inizio nel 1337, grazie a Ubertino da Carrara e venne ultimata, nel 1362, con la costruzione della Rocca degli Alberi. Quest’ultima deve il suo nome al fatto che era situata nella zona più verde del borgo. La rocca era circondata d’acqua dentro e fuori ed ha un complesso sistema di ponti levatoi, saracinesche e portoni (con i cardini invertiti per rendere impossibile scardinarli). La facciata ospita gli stemmi del Comune di Padova, dei Carraresi e di Francesco il Vecchio.

LE DIFESE DELLA CITTA’ DI MONTAGNANA
Vista l’appetibilità di Montagnana, il borgo andava difeso e venivano quindi usate diverse tecniche per proteggerlo. Il primo sbarramento erano i ponti, poi tavole di legno con blocchi di metallo. Se necessario anche due piazze interne potevano venire interamente allagate, per trasformare il castello in un’isola e renderlo quindi inespugnabile.

I merli, hanno feritoie alternate, una alta (per gli arcieri) ed una bassa (per i balestrieri) e tra un merlo e l’altro veniva posizionata un’asse di legno, di modo che i soldati fossero sempre coperti e riparati.

UNA CINTA, MOLTI USI
Nella parte interna, le mura avevano anche funzione di “dispensa”: la gente infatti, aiutandosi con scaffali e porte di legno, stipava la merce tra gli archi.

GIRANDO PER IL BORGO
Montagnana non è solo mura, nel suo scrigno infatti racchiude diverse gemme preziose. Basta gironzolare per Piazza Vittorio Emanuele II e per le stradine limitrofe per entrare nella storia. Lo vedi il palazzo rosso e giallo qui sotto ad esempio? E’ Palazzo Santini e celebra, con i suoi colori, il Risorgimento di Mazzini e Garibaldi.

PALAZZO POMELLO CHINAGLIA
Bellissimo anche Palazzo Pomello Chinaglia, gentilmente apertoci dal suo proprietario. Di epoca tardo mediovale, si ritiene fosse stato di proprietà del Gattamelata, che arrivò a Montagnanana verso il 1430 e acquistò varie proprietà, tra cui questo edificio. Una curiosità: le finestre disponevano di grate che però, in tempo di guerra, sono state rimosse per donare il ferro alla patria.
La struttura è quella del palazzo nobiliare, con un salone centrale, le stanze attorno e il giardino (che è una bomboniera) sul retro.

In centro alla piazza puoi vedere la statua di Vittorio Emanuele II, di spalle rispetto al Duomo, a simboleggiare il conflitto stato-chiesa.

IL DUOMO
A dominare la piazza, però, in tutta la sua imponenza, è il Duomo, edificato in epoca veneziana (tra il 1431 ed il 1502) che, posto di traverso rispetto alla piazza stessa, è come una nave che entra in porto. Sorto su una chiesa precedente, funge da meridiana solare (le due sfere sulle colonne della facciata tardo gotica vengono infatti toccate dal sole alle ore 12).

All’interno, ai lati dell’ingresso, ci sono due affreschi attribuiti al Giorgione. Bellissime anche le cappelle e l’imponente altare.

Quello che però ha colpito me sono le imponenti cupole e le loro geometrie.

PALAZZO PISANI
Fuori dalle mura, al di là del prato, è possibile ammirare inoltre Palazzo Pisani, oggi residenza privata, costruito da Palladio nel 500, su commissione di Francesco Pisani. Costui voleva che questa dimora fosse un luogo di villeggiatura, ma anche il centro delle attività agricole derivanti dalle sue proprietà. Chiari sono i richiami all’antichità, come le colonne ed il timpano.

ARRIVA L’ORA DELLA PAPPA
Sono più o meno le tredici ed i nostri occhi e le nostre menti sono piene di immagini e racconti, ma la nostra pancia è vuota.
Guido, dell’Associazione Visit Montagnana, che ha organizzato il tour, ci divide in gruppi per il pranzo: il mio gruppo mangerà a Hosteria a la Rocca, vicino alla Rocca degli alberi.

HOSTERIA A LA ROCCA
Il locale è molto accogliente, con luce soffusa ed il calore del legno, ma il vero punto forte, oltre alla cucina ovviamente, è il suo proprietario, un signore dagli occhietti vispi e dal “nome bellissimo”, Paolo.
Scopriamo di avere le stesse origini ed è subito intesa. Mi parla della cucina del suo locale con la passione che solo chi ama il proprio lavoro può avere, e la descrive come casalinga. I suoi piatti gli danno ragione.

LE PORTATE
Quello che vedi è uno degli antipasti: tortino di radicchio con Prosciutto Crudo Berico Euganeo tipico della zona di Montagnana e crema di formaggi. Semplicemente… da leccarsi i baffi.
Anche se, da brava amante dei lievitati, io sono rimasta letteralmente folgorata dallo Schizzotto, una focaccia con prosciutto crudo e radicchio nell’impasto, tipica della zona di Montagnana.

Dopo aver usato tutto il mio sex appeal (frase davvero poco credibile) e aver martoriato Paolo per un’ora con la richiesta della ricetta, finalmente sua moglie Luisella, mi ha reso una donna felice e alla fine di questo articolo te la spiegherò passo passo.
Buoni i primi (noi abbiamo mangiato un bis di pasta).

La lode però va ai dolci, che abbiamo spazzolato senza ritegno e soprattutto a questa torta con frutta nell’impasto e crema pasticcera. Paolooooo, mi dai la ricettaaaaa??? Ancora mi chiedo perché non ho supplicato per averla… forse troppi zuccheri ad annebbiarmi la mente!

E per finire, la firma del wall of fame ed i doverosi saluti ai padroni di casa, che ci hanno accolto con tanto calore e… sapore.

IL SALUMIFICIO BRIANZA – MONTAGNANA
Con la pancia piena e appagati anche dal buon vino (io l’ho solo assaggiato altrimenti non sarei arrivata in piedi alla fine del tour), “rotoliamo” verso il punto di ritrovo, destinazione Salumificio Brianza, per scoprire come viene prodotto il prosciutto crudo Veneto DOP tipico di Montagnana.

Il salumificio è a conduzione famigliare e fa parte del Consorzio per la tutela del Prosciutto Veneto DOP.
Ogni prodotto ha una sua cartà di identità che permette di tracciare tutte le fasi di produzione fino alla vendita, garantendo così un prodotto buono e sicuro.
Ci accoglie il titolare, il signor Pierluigi, Piero per gli amici, organizzatissimo, con il microfono e un simpatico sorriso. Io sono felicissima perché per questo giro alla scoperta del prosciutto, siamo tutti vestiti con camice, cappellino e babbucce in nylon da Ali Babà. Adoro queste cose.

LE FASI DELLA PRODUZIONE DEL PROSCIUTTO
Ci spiega che il prosciutto ha 4 fasi per la produzione, come le 4 stagioni, e ci tiene a sottolineare che la loro produzione segue la stagionalità, proprio come una volta, quando il maiale veniva soppresso d’inverno.
L’INVERNO
La prima fase è quella invernale: gli anatomici di suino vengono conservati a 0° e ricoperti di sale (secondo la disciplinare, per ogni chilo di prodotto il prosciutto deve passare un giorno sotto sale) per circa 15 giorni. Con l’umidità, il sale, l’unico conservante utilizzato, penetra nella coscia insaporendola.

Trascorso il periodo della salatura, si passa alla fase primaverile.
LA PRIMAVERA
In questa fase viene rimosso il sale, ed i prosciutti rimangono appesi, a temperatura controllata per 3/4 mesi, ad asciugarsi.

L’ESTATE
I prosciutti vengono poi stagionati fino a 12 mesi ad una temperatura costante di 16°-17°. In questa fase, le cosce sono coperte di grasso e farina di riso (adatta anche agli intolleranti), per chiudere la parte magra. Trascorso il periodo della stagionatura, il prodotto è sottoposto al prelievo dell’ispettore che, facendo penetrare un osso di cavallo (autopulente) nel prosciutto, ne verifica umidità e salinità.

ARRIVA L’AUTUNNO
Una volta passato il controllo si passa alla marchiatura, con il Leone di San Marco ed il prosciutto è pronto per la vendita. Si rimuove lo stucco e viene disossato con un’incisione, poi lo si ricuce o si richiude con una pressa.

Terminiamo la visita in grande stile, con un assaggio (si fa per dire) delle prelibatezze del salumificio Brianza. Ci aspettano infatti due grandi tavoli letteralmente foderati di prosciutto.

IL FINALE COL BOTTO
Li vedi i crostini sulla tavola? Ecco… una bomba! Fettine di pane con straccetti di crudo sott’olio. Ho cercato di resistere al loro richiamo, ma hanno vinto loro e me ne sono follemente innamorata, tanto che me ne sono portata a casa due vasetti, peraltro già finiti.

CIBO A PROFUSIONE
Potevamo aver finito di gustare le prelibatezze di Montagnana? Certo che no!
Si ritorna in centro per degustare il “Cornetto crudo dolce”, un cartoccio riempito con prosciutto crudo di Montagnana, formaggio ed un grissino.
Io e Alessio, del blog Gente in Viaggio, volevamo papparcelo come un gelato vero hahaha.

LA GASTRONOMIA ZANINI
Questa prelibatezza ci è stata gentilmente offerta dalla Gastronomia Zanini. Food blogger un avviso per voi: non entrate in questa gastronomia o non troverete più l’uscita! Offre infatti tantissimi prodotti di alta qualità e anche insoliti, a cui un amante della cucina non saprebbe resistere.
E adesso, dopo il salato, non ci starebbe bene un po’ di dolce? Scruto nel mio stomaco, alla ricerca di un micro posticino, ma davvero non ne trovo. La mia pancia scoppia. Io però non ci faccio caso ed invito la banda, ormai siamo un gruppo affiatato, ad andare in pasticceria.

LA PASTICCERIA CUCCATO
Già in mattinata il mio spirito bambino è stato attratto dalla Pasticceria Cuccato, che esponeva in vetrina divertenti uova decorate con forme di animaletti. Ora voglio soddisfare anche il palato. I titolari ci accolgono, gentilissimi, e ci fanno scegliere qualche mignon. Io, che ASSOLUTAMENTE non amo il cioccolato (bugiaaa), ho scelto due tartellette, una cioccolato e nocciole, una cioccolato e pistacchio. DE-LI-ZI-O-SE.

IL PANDOLCE DI EZZELINO
Poi il titolare sgancia la bomba e ci propone di assaggiare un pezzo del Pandolce di Ezzelino, una focaccia a base di miele e frutta secca: una nuvola in bocca… un’esplosione di gusto. Io non ho capito più niente.
Questo pandolce ha una leggenda: si racconta infatti che, durante l’incendio di Montagnana, Ezzelino da Romano fosse rimasto ferito e che per rinvigorirlo velocemente una popolana avesse impastato con il levà (lievito naturale del tempo) un pane con miele casalingo e frutta secca nell’impasto. Il titolare della pasticceria, assieme al padre, ha voluto studiare una ricetta proprio con il levà per creare un dolce che durasse più giorni e così è nato il Pandolce di Ezzelino.

SI PARTE PER IL GRAN FINALE
La giornata sta volgendo al termine (peccato) e noi ci avviamo verso l’ultima tappa: il Castello di Bevilacqua.

Il colpo d’occhio è davvero maestoso, alberi, castello, ma il vero colpo di fulmine ce l’ho quando varco la soglia e vedo lui.

Questo cagnone a guardia del castello, con una compagna sul lato opposto dell’ingresso, mi ha letteralmente fatto innamorare. Confesso di aver anche meditato il furto, ma credo che non sarei passata inosservata con un “bestio” di un metro e mezzo sotto il braccio. Ho quindi messo da parte i pensieri impuri e mi sono aggiunta agli altri per la visita guidata del castello. Anche se questo cagnone ancora ritorna talvolta nei miei pensieri.
LA VISTA GUIDATA DEL CASTELLO DI BEVILACQUA
Veniamo accompagnati nella cucina vecchia del castello e Lisa, la nostra guida, comincia a raccontare.
Il castello è stato edificato nel 1336 da Guglielmo Bevilacqua e poi ampliato da suo figlio Francesco. Concepito inizialmente come fortezza, la struttura vede un rinascimento nel cinquecento, quando viene riammodernato e trasformato in villa da Michele San Micheli.
Il piano terra è la parte più antica, destinata alla servitù, e noi ci troviamo appunto nell’antica cucina, con lo spiedo ed un forno a due fori, quelLo sotto per il fuoco e quello sopra per la pietra ollare dove si cuoceva il pane.

L’edificio subisce ben tre incendi: uno per un attacco nemico, uno nel 1848 appiccato dalle truppe di Napoleone ed uno nel 1966. Dopo quest’ultimo, il castello è gestito dai Salesiani che ne fanno una scuola.
Nel 1990 viene acquistato da privati, dopo un periodo di abbandono, e restaurato.

IL GIARDINO PENSILE
Il nostro giro prosegue tra le varie sale, passando anche per un cortile interno dove si sta preparando il taglio della torta per un matrimonio al piano superiore. Arriviamo infine ad un bellissimo giardino pensile, opera anch’esso di Michele San Micheli.
Il giardino, che si trova al primo piano, ha alberi le cui radici si trovano al piano terra, nascoste tra le mura del castello. Sta scendendo la sera, e l’effetto è veramente magico.

Il Castello di Bevilacqua è davvero perfetto per matrimoni e cerimonie, con la sua aria nobile ed elegante. Noi abbiamo il piacere di cenarci.
Nella sala a noi dedicata, ci aspettano la cortesia dei camerieri ed un menù invitante e raffinato.

Ancora poche ore e la magia di questa giornata finirà. Abbiamo conosciuto persone nuove, imparato tanto, scambiato opinioni e, dopo il dolce, non ci resta che salutarci e riprometterci di sentirci ancora.

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E adesso passiamo alla ricetta.


Tempo di preparazione | 30/35 minuti |
Tempo di cottura | 20/25 minuti |
Tempo Passivo | 3/4 ore |
Porzioni |
6 persone
|
- 500 gr farina 00 bio
- 375 ml acqua tiedida/calda
- 100 gr prosciutto crudo di Montagnana
- 2 cucchiaini zucchero
- 2 cucchiaini sale fino
- 3/4 panetto lievito di birra
- 1 cespo radicchio tardivo di Treviso
- qb olio extravergine di oliva
Ingredienti
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- Fai sciogliere il lievito di birra nell'acqua quasi calda, insieme allo zucchero. Mescola per bene.
- Aggiungi, a pioggia la farina e impasta (io con l'impastatrice).
- Quando l'impasto comincia ad essere elastico, aggiungi prima l'olio e poi il sale. Ungi con l'olio una ciotola capiente, versaci l'impasto, coprila con la pellicola trasparente e lascia riposare il tutto, al riparo da correnti d'aria ed al caldo, fino al raddoppio dell'impasto. Ci vorranno circa 2 ore.
- Trascorso il tempo, riprendi l'impasto, infarina una spianatoia e aggiungi il radicchio ( a crudo) ed il prosciutto a pezzetti. Impasta velocemente e piega più volte il composto su se stesso.
- Stendilo con le mani fino ad un'altezza di 2/3 cm e "disegna" dei quadrati con un coltello affilato. Copri con un canovaccio e lascia raddoppiare nuovamente l'impasto.
- Inforna nel forno già caldo a 230°, in modalità statica, per circa 20/25 minuti. Lascia raffreddare e... buno appetito.

Crostata alla crema e fragole
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2 commenti
Silvia
Paola, se hai l’occasione metti la ricetta del schizzotto classico, ovviamente da mangiare col prosciutto giusto!
By una montagnanese!
Paola
Appena ho un attimo la proverò 😋